l'insenamento dell'inglese nelle scuole italiane errori e limiti

L’insegnamento dell’inglese nelle scuole italiane: errori e limiti

L‘insegnamento dell’inglese nelle scuole italiane è spesso caratterizzato da lacune, errori e tanti limiti.

Ne è una prova il fatto che gli studenti studiano l’inglese per circa 13 anni complessivi e solo una piccola percentuale di alunni a studi conclusi riesce a sostenere una conversazione interamente in lingua.

Cerchiamo di capire il perché attraverso questo articolo.

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L’insegnamento dell’inglese nelle scuole italiane: gli errori più comuni

Come accennato, soltanto pochissimi studenti al termine del percorso scolastico (primaria- secondaria di II grado) riescono a padroneggiare al meglio la lingua inglese. La maggior parte di questi, hanno saputo infatti integrare l’apprendimento in classe con altre esperienze formative quali come ad esempio soggiorni all’estero, corsi specifici etc…

Il problema maggiore risiede proprio qui: l’apprendimento in classe è spesso pieno di limiti, perché proprio il livello d’inglese di chi si insegna risulta spesso inadeguato.

Occorre quindi già in principio potenziare il livello d’inglese del corpo docenti per poter intraprendere quel processo di internazionalizzazione della scuola e quindi anche del paese.

Spesso e troppo, la scuola italiana si concentra sulla grammatica e sui libri di testo, lasciando poco spazio per l’interazione e la comunicazione: componente fondamentale per poter acquisire a pieno le competenze linguistiche necessarie.

Il risultato è che quindi, gli alunni sapranno leggere, comprendere e produrre adeguatamente i testi scritti ma faranno fatica a intraprendere una conversazione con un madrelingua o a capire quando un inglese rivolge loro anche semplici frasi.

I limite maggiore quindi risiede proprio qui, nel preferire una conoscenza scritta rispetto a una competenza che si basa sull’ascolto e la produzione orale.

Occorre adottare un nuovo modello didattico che sappia integrare le normali lezioni con un approccio pratico, che favorisca negli alunni le giuste skills comunicative (listening, speaking, pronunciation, intonation, fluency).

L’insegnamento dell’inglese: un possibile modello didattico

Come accennato, una primissimo approccio basato sull’ascolto rappresenta sicuramente l’incipit necessario per impostare un nuovo modello didattico, sicuramente più esaustivo e completo.

Questo modello potrebbe includere quindi:

1) Listening: come già anticipato, l’ascolto è la chiave per poter conoscere la lingua. Tanto ascolto.

2) Comprehensible input: acquisisci una lingua solo quando è possibile capirne al meglio i messaggi. (si vedano le ricerche del linguista Stephen Krashen). Questo significa che proporre ascolti troppo difficili è solo una perdita di tempo.

3) Repetition: nella scuola italiana si affronta un argomento, si correggono gli esercizi, si propone un altro argomento e via dicendo. Così non funziona: la mente ha bisogno di digerire le informazioni. Occorre ripetere.

4) Silent period: i bimbi ascoltano circa un anno e mezzo prima di produrre i primi suoni. Allo stesso modo, a scuola, si potrebbe dedicare solo i primi anni scolastici esclusivamente all’ascolto in modo da abituarli all’ascolto fin da piccoli.

In ultima analisi, questo ipotetico modello risulta essere tranquillamente adattabile al percorso scolastico degli studenti italiani, sopratutto alla luce delle odierne tecnologie (LIM; tablet, smartphone, Internet) ormai a disposizione davvero di tutti.

Metodologia CLIL: Yes of course but…

La metodologia CLIL, rappresenta davvero un’ottima strategia didattica per potenziare l’apprendimento perché amplifica il numero delle ore nella quale gli alunni vengono esposti alla lingua inglese.

Tuttavia anche in questo caso, pur trattandosi di un approccio sulla carta molto stimolante la messa in pratica da parte della scuola italiana lascia alquanto desiderare.

Nella stragrande maggioranza dei casi, gli studenti sono esposti alla lingua non in modo diretto ma tramite docenti che a loro volta hanno una formazione alle spalle appresa sempre da docenti non madrelingua.

Ciò mina seriamente l’aspetto stimolante del progetto, limitandone di molto l’approccio pratico. Il CLIL quindi, andrebbe realizzato interamente da insegnanti madrelingua per avere risultati ottimali.